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L'Inchiesta 6/2005 | pagina 4

Ol lèsic - s come sparaball
Nome invariato. Si compone del verbo sparà (sparare), al presente indicativo, e del sostantivo ball (plurale di bala, bugia, frottola, fandonia, balla). Significa bugiardo, fanfarone, smargiasso, spaccone. Può tradursi con sparaballe, pure invariato.

Piace qui ricordare gli sparaballe proverbiali di un tempo: i cacciatori che si gloriavano di prede portentose abbattute in condizioni fisiche inimmaginabili; gli emigranti che erano stati "in 'Merica", immenso paese dove tutto raddoppiava o triplicava le povere nostre dimensioni paesane, dalla patata alla vacca.

Forse più pittoreschi ma di sicuro meno innocui gli sparaballe avventurieri, cavalieri l'industria, imbonitori di talento superiore, artisti imbroglioni, Tavanna Ray. Oppure, nel contempo grotteschi e lugubri, gli sparaballe dal pulpito: balle metafisiche in nome di Dio castigamatti per terrorizzare spiriti ribelli e cuori vagabondi.

I tempi sono cambiati, abbiamo superato e sepolto le culture arcaico-rurali, nessuno più ha paura del prete, nemmeno del demonio (che fuori di noi non esiste). Ci siamo inciviliti, emancipati, mondializzati. Ma creduloni rimaniamo, facilmente ipnotizzabili. Babbinatale e gesubambini sono sempre vivi e vispi anche se hanno cambiato fattezze.

Gli sparaballe della modernità sono comunicatori-manipolatori mercantili e mercenari, tecnocrati della persuasione occulta, consulenti esperti in messaggi subliminali, stuzzicatori scientifici del desiderio, genietti bancari o parabancari dell'investimento azionario prodigioso che di lì a poco finisce in briciole, artefici ben vestiti della truffa legale, spietati cassamalatari rovinafamiglie. Gli sparaballe di oggi sono i motori sovralimentati del complicato, indecifrabile congegno Progresso. Non fanno né ridere né piangere perché li percepiamo come astrazioni inquietanti di un macrosistema astratto che ci sovrasta.

Una categoria speciale sembra traversare le culture pressoché immutata nella sostanza e nelle forme: gli sparaballe addetti alla difficile scienza del governare ingannando i governati: gli e ben inteso le, dicasi correttamente nel rispetto della parità uomo-donna con sott'occhio la fattispecie cantonticinese. Oggi come ieri, "politico sparaballe" è tautologico. Per render l'idea, quasi come dire "i quadrupedi hanno quattro zampe" (l'esempio è tratto dallo Zingarelli).
Nessuno si aspetti che il politico, specie quando detiene il Potere, faccia professione di verità. Nessuno si illuda che, pubblicamente confrontato con l'evidenza, ammetta di aver sbagliato. È segno di onestà riconoscersi nell'errore: cedimento fatale per il politico. Se non coltivassimo la fiducia nella perfettibilità del genere umano, proporremmo la sentenza inappellabile: il politico è sparaballe per definizione.

lauro.tognola@inchiesta.ch

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